La Kerneuropa franco-tedesca e l’incognita sovranista.

di Giorgio Da Gai

Il 26 maggio andremo a votare per rinnovare il parlamento europeo. Politologi e opinionisti prevedono il successo del fronte sovranista: Lega, Fratelli d’Italia, Casa Pound, Fronte Nazionale, Alternativa per la Germania, Unione Civica Ungherese, ecc.. I Sovranisti (dal francese souverainisme) sono un insieme eterogeneo di partiti che si battono in difesa della sovranità nazionale; minacciata dalle ingerenze e dalle prevaricazioni dei poteri sovranazionali (BCE, NATO, Commissione Europea, FMI, ecc.) o da potenze internazionali come gli Stati Uniti.

Il successo del fronte sovranista è legato al raggiungimento della soglia del 30%, (il terzo dei parlamentari) con tale percentuale, i “sovranisti” potrebbero paralizzare o condizionare le istituzioni europee: Parlamento, BCE e Commissione Europea. Che cosa accadrà non lo sappiamo con certezza, possiamo solo formulare delle ipotesi: la paralisi delle istituzioni che governano e rappresentano l’Unione Europea, prologo a un’eventuale riforma o dissoluzione della stessa; il frantumarsi del fronte sovranista, che preda dei “particolarismi”, non riesce a elaborare una politica di cambiamento; la nascita della Kerneuropa, il piano B delle oligarchie europee per far fronte al progressivo declino dell’Unione Europea.

Avevo parlato di Kerneuropa (il nocciolo duro dell’Europa) in un precedente articolo qui pubblicato https://it.sputniknews.com/opinioni/201804185908403-kerneuropa-attore-che-potrebbe-dividere-italia/ La Kerneuropa è un potenziale attore geopolitico guidato dalla Germania e composto dai Paesi che confinano con la stessa o ne sono legati da vincoli economici e culturali: Austria, Olanda, Belgio, Lussemburgo, Danimarca Repubblica Ceca, Slovenia e Italia settentrionale. Un’area geografica che racchiude i confini dell’antico Impero carolingio e rappresenta la parte più ricca dell’Europa.

Dalla Kerneuropa avevo escluso la Francia: Dalla morte di De Gaulle, la Francia non ha più avuto l’ambizione di guidare l’Europa; la sua politica estera si è concentrata sull’Africa, in particolare sulle ex colonie che tiene in uno stato di subordinazione politica ed economica (vedi gli effetti nefasti del franco CFA sulla situazione politico-economica delle ex colonie francesi). Inoltre, Francia e Germania sono sempre state antagoniste (le guerre napoleoniche, il conflitto franco-prussiano e le due guerre mondiali). Non ci sono le condizioni per un’alleanza di lungo termine.

Il progetto della Kerneuropa nasce in Germania all’inizio degli anni 90, dalla mente di due politici dell’Unione Cristiano Democratica: Wolfgang Schaeuble (ministro delle finanze del governo Merkel) e Karl Lamers. Lo scopo è quello di affidare alla Germania l’ampliamento e il consolidamento dell’Unione Europea, includendo le nazioni dell’est Europa, orfane del comunismo (fase inclusiva). Le finalità del progetto cambiano con la crisi dell’Unione Europea (la Brexit e l’ascesa dei partiti euroscettici); la Germania, temendo una possibile dissoluzione dell’Unione, cerca di riunire intorno a se i Paesi e le Regioni a lei affini per sviluppo socio-economico e integrazione, abbandonando le altre al proprio destino (fase esclusiva).

Con il patto di Aquisgrana il progetto della Kerneuropa si apre alla Francia, ma l’essenza non cambia. Un’Europa di Paesi “ricchi” guidata dall’asse franco-tedesco, che impone a quella dei Paesi “poveri” (i più indebitati) politiche di “rigore” finanziario, destinare a “promuove” la crescita economica contenendo il disavanzo pubblico: i tagli della spesa e la privatizzazione dei servizi pubblici, la precarizzazione del lavoro e la riduzione dei diritti dei lavoratori. Politiche neoliberiste che soffocano l’economia delle nazioni e peggiorano le condizioni di vita delle popolazioni coinvolte. Un’Europa di Paesi “ricchi” che trasferisce su quella dei Paesi “poveri” i costi economici e sociali dell’immigrazione, il caso dell’Italia e della Grecia sono indicativi; nazioni destinate a diventare “centri di accoglienza” per i criminali, gli avventurieri e i disperati che dall’Africa e dell’Asia pretendono di entrare in Europa. Nazioni che sono la culla della civiltà europea si trasformano in ghetti multietnici senza identità. Questa è la morte dell’Europa.

Il 22 gennaio, nella cittadina tedesca di Aquisgrana, il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron si sono incontrati per siglare un patto, che a loro dire dovrebbe rilanciare l’Europa; in realtà, vogliono creare un’Europa a guida franco tedesca. Un patto sostenuto dai vertici delle istituzioni europee presenti all’evento: il presidente della Commissione Europea Jean Claude Junker e il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk. La scelta del luogo non è stata causale, Aquisgrana e la capitale del Sacro Romano Impero, l’embrione di quella che è oggi l’Unione Europea. L’Europa che dovrebbe nascere ad Aquisgrana non ha nulla in comune con l’Europa carolingia. L’Europa di Carlo Magno si fondava su uomini e su valori ben diversi di quelli attuali. L’Europa carolingia aveva una precisa forma giuridica: era un Impero governato da un Imperatore, non un’indefinita associazione di Stati, priva di un potere autorevole che li governi e rappresenti. L’Europa di Carlo Magno si fondava su una forte identità religiosa e spirito comunitario; l’Europa attuale si fonda sul mercato e sull’individualismo edonista. Sulla qualità degli uomini stendiamo un velo pietoso: non c’è nulla di grande nello sguardo bovino della massaia Merkel o nei sorrisi ipocriti del gerontofilo Macron, ex dirigente del gruppo Rothschild.

Il patto di Aquisgrana è un’evoluzione del Trattato dell’Eliseo, che nel 1963 la Francia del presidente Charles de Gaulle siglò con la Germania del cancelliere Konrad Adenauder. Il generale francese sognava un’Europa indipendente dall’ingerenza americana e abbastanza forte da contrastare la minaccia sovietica; per fare questo era necessario unire la potenza militare della Francia con quella industriale della Germania. Il sogno del vecchio generale naufragò per l’opposizione anglo-americana e per l’ostilità dei singoli Paesi europei, che nell’egemonia franco-tedesca vedevano una concreta minaccia alla sovranità nazionale.

I governi di Francia e di Germania, con il patto di Aquisgrana hanno cercato di realizzare almeno tre obiettivi: acquisire consenso presso il proprio elettorato, cercando di contenere l’avanzata dei movimenti sovranisti; spartirsi i posti di potere nelle istituzioni europee; affrontare una possibile dissoluzione dell’Unione Europea, creandone una di nuova composta dai soli Paesi “ricchi”.

Il patto franco tedesco si fonda su una diversa attribuzione di competenze: l’economia alla Germania, potenza economica del continente; la difesa alla Francia, che grazie all’atomica ha l’esercito più forte d’Europa; la politica in coabitazione, attraverso un’equa spartizione dei posti chiave nelle istituzioni europee.

Il patto franco tedesco si compone di 28 articoli, destinati a creare una maggiore cooperazione nella difesa, costituire uno spazio economico franco-tedesco, far ottenere alla Germania un posto di membro permanente nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Il patto di Aquisgrana pone le premesse per la nascita di un esercito franco-tedesco: Francia e Germania s’impegnano a operare congiuntamente nella soluzione dei conflitti internazionali; Francia e Germania s’impegnano a cooperare nel campo dell’industria militare con la produzione e l’esportazione di materiale bellico. Il progetto di un esercito franco-tedesco metterebbe fine ai tentativi di crearne uno di europeo; il PESCO, l’accordo di cooperazione militare permanente poteva essere l’embrione. Discorso analogo vale per la NATO, un’alleanza militare che non ha più senso di esistere con la fine della Guerra Fredda e l’eventuale nascita di un esercito franco-tedesco.

Il patto di Aquisgrana prevede la creazione di uno spazio franco-tedesco favorevole alla realizzazione di progetti e di accordi destinati a integrarne le economie dei due Paesi (ferrovie, strade, connessioni digitali, ecc.).

Nel patto di Aquisgrana la Francia s’impegna a ottenere alla Germania un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, seggio che oggi è riservato solo ai vincitori della II Guerra Mondiale: Stati Uniti, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia.

La Kerneuropa tedesca o franco-tedesca potrebbe avrebbe un effetto catalizzatore sulle pulsioni secessioniste delle “piccole patrie” a pagarne le spese sarebbero le nazioni segnate da profonde divisioni socio-economiche o da radicati sentimenti separatisti: il nordest in Italia, la Catalogna in Spagna, la Scozia in Gran Bretagna. La Kerneuropa, potrebbe sostenere queste pulsioni separatiste se funzionali ai propri interessi. L’Italia settentrionale e il Nord-Est in particolare sono legati alla Kerneuropa: nel 2016 la Germania è stata il primo partner commerciale dell’Italia con 116 miliardi d’interscambio di questi 87,6 si concentrano al Nord; il Nord è collegato alla Germania dall’autostrada Brennero-A1 e A4, al Nord il tedesco è la lingua più studiata dopo l’inglese, i tedeschi sono la prima nazionalità di turisti stranieri che visita le regioni settentrionali; in Italia ci sono 2035 imprese a guida tedesca, l’85% è al Nord. Inoltre il Nordest è strategico per il passaggio della Nuova via della Seta, la rete d’infrastrutture che unirà l’Asia all’Europa. La deriva secessionista delle “piccole patrie” può essere impedita con una riforma federale delle nazioni coinvolte; non con forme di centralismo ottocentesco che sono state la rovina del nostro Risorgimento; e nemmeno con ipocriti appelli alla “solidarietà” nazionale, che erano e sono, la linfa vitale del Sud assistito e mafioso o del clientelismo nazionale. Dobbiamo prendere coscienza di essere figli di una stessa madre, ma nel rispetto delle diversità che ci arricchiscono. Questo significa essere italiani, questo significa essere europei.

L’Europa a guida franco-tedesca trova l’opposizione degli Stati Uniti e dei sovranisti europei: gli Stati Uniti, vedono la nascita di un soggetto politico capace di mettere fine alla loro egemonia in Europa; i sovranisti, vedono l’ennesimo tentativo delle oligarchie europee di mantenere in vita un modello di Europa ostile ai popoli e asservito alle spietate regole del mercato. L’Europa della Merkel, di Macron e di Junker è quella voluta dalla Troika (Commissione Europea, BCE e FMI).

I sovranisti devono la loro diffusione a programmi incentrati sulla difesa della sovranità nazionale, la lotta all’immigrazione e il rifiuto delle politiche neoliberiste imposte dalla Troika. Riusciranno i movimenti e partiti sovranisti a superare gli egoismi nazionali e rifondare l’Europa? Solo con una politica comune potremo affrontare problemi di dimensione globale come l’inquinamento, l’immigrazione, il terrorismo islamico; oppure contrastare l’egemonia degli Stati Uniti, della Cina e della Russia.

I governi di Francia e di Germania vedono nella Russia e nella Cina dei potenziali nemici (temono la minaccia militare della Russia e l’egemonia economica della Cina) ne criticano la politica interna ed estera (il rispetto dei diritti umani, l’ingerenza della Russia in Ucraina, il sostegno al regime di Maduro, ecc.). Nemici con i quali sono costrette a trattare per liberarsi dalla sudditanza atlantica e difendere i propri interessi economici (vedi l’accordo Germania – Russia per il gasdotto Nord Stream 2, gli accordi commerciali tra Francia e Cina per la Nuova Via della Seta). Bene a fatto il nostro governo a stipulare con la Cina accordi commerciali legati allo sviluppo della nuova Via della Seta (circa 20 miliardi di euro); questo ha scatenato le critiche di chi vuole mantenere l’Italia in una posizione “subalterna” e “servile” (i vertici dell’U.E. gli Stati Uniti e i loro tirapiedi italiani). Comprensibili sono i timori che molti nutrono verso il gigante asiatico ma vanno affrontati con lucidità (la colonizzazione, la concorrenza sleale, la difesa dei prodotti nazionali, ecc.). La Cina è un pericolo, quando il Paese destinatario degli investimenti cinesi, indebitandosi, perde il controllo delle infrastrutture (il porto del Pireo per la Grecia) delle risorse e dei settori strategici (il caso dell’Africa). Per evitare questo è necessario avere una visione chiara dei nostri interessi della strategia per difenderli. A chi teme che l’Italia divenga una “colonia” cinese ricordo che siamo una “colonia”. Siamo una nazione a sovranità limitata costretta a subire i diktat di Bruxelles e di Washington (le sanzioni alla Russia e all’Iran, i limiti imposti al rapporto PIL/debito pubblico); abbiamo un esercito costretto a difendere interessi che non sono i nostri, come lo erano gli “ascari” dell’Italia coloniale (l’aggressione alla Serbia, l’invasione dell’Afghanistan e dell’Iraq, l’attacco alla Libia, ecc.); siamo un popolo di servi sciocchi che sostituisce le parole italiane con inutili anglicismi (location, governance, fake news, authority, know-how, new entry, ecc.).

Non amo e questa Europa e nemmeno la sua bandiera, che forse un giorno vedremo bruciare. Un’Europa libertaria e liberista che ha adottato come simbolo la “stella”. Un simbolo che non appartiene alla nostra tradizione ma a quella giudaica e mussulmana. La “croce” e l’“aquila” sono i simboli della tradizione europea, li abbiamo visti sui vessilli delle legioni romane, sulle insegne delle armate cristiane che difesero l’Europa dalla minaccia islamica; a ricordo e gloria dei nostri eroi e dei nostri martiri. Questa è l’Europa in cui credo e della quale mi sento parte.

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