di Giuseppe Longo

Dopo Antonio Comelli, il Friuli ha perso un altro grande fautore e protagonista, anzi l’uomo-chiave, della rinascita post-sismica. Infatti, se lo storico leader della Regione Fvg morto nel 1998 – l’ultima commemorazione nel ventesimo anniversario della scomparsa era avvenuta a Nimis, suo paese natale, a fine novembre – è ricordato come il “Presidente della Ricostruzione”, Giuseppe Zamberletti, nonostante fossero passati quasi 43 anni dal terremoto, godeva ancora di immutata riconoscenza, così tanto che a ogni suo ritorno per qualche pubblica cerimonia nei paesi sconvolti in quella terribile sera del 6 maggio 1976, e poi nelle repliche di settembre, era accolto con sincere e calorose attestazioni di simpatia e affetto. Perché di Zamberletti si ricordano ancora con gratitudine, e si indicano come esempio, i tratti della vera politica: saggezza, onestà, concretezza, lungimiranza.

La notizia della sua morte, rapidamente diffusasi ieri mattina, è stata accolta da tutti con dolore, perché in questo modo il Friuli ha perso un vero, grande amico, che accompagnò passo dopo passo il suo cammino prima per l’uscita dall’emergenza e poi per avviare e seguire la riedificazione di tutto ciò che il sisma aveva cancellato, innestando nel contempo una grande stagione di sviluppo che ha dotato la regione di infrastrutture e servizi – l’autostrada Alpe Adria, il raddoppio della ferrovia Pontebbana, l’istituzione dell’Università di Udine – che ci hanno dato una dimensione moderna e progredita, ponendoci al centro dell’Europa. E i sentimenti della popolazione del Friuli che ricorda, come me, nitidamente le giornate dell’emergenza e della rinascita sono stati efficacemente tratteggiati dal governatore della Regione Massimiliano Fedriga e dal vice Riccardo Riccardi, che ha anche la delega alla Protezione civile.

L’onorevole Zamberletti – spentosi sabato sera a 85 anni, per l’aggravarsi di una malattia che l’aveva colpito tempo addietro, e domattina nella sua Varese riceverà l’ultimo saluto- era stato nominato, poco più che quarantenne, dal presidente della Repubblica Sandro Pertini commissario straordinario per la ricostruzione del Friuli terremotato con il compito di affiancare la Regione, guidata appunto dal presidente Comelli, nel complesso e impegnativo progetto di rinascita. Un incarico che assicurava prima di tutto un filo diretto tra il Friuli e Roma, un canale di comunicazione efficacemente sostenuto anche da tre parlamentari del tempo – Mario Toros, Giuseppe Tonutti e Maria Santa Piccoli – che ci hanno lasciato nel volgere di pochi mesi proprio nell’anno appena concluso. Un dialogo costruttivo con la Capitale, dove primo interlocutore fu Aldo Moro, il quale disse proprio a Toros, convocato a palazzo Chigi l’indomani del sisma: “Dobbiamo fare subito una legge per la ricostruzione e lo sviluppo del Friuli”. Perché Moro – l’ho sentito raccontare proprio da Comelli e l’ho rievocato già nel giugno scorso, al momento della morte dell’ex senatore e ministro – aveva un’attenzione particolare per la nostra terra. “Mi ricorda – diceva – la gente delle Puglie, della mia Maglie: laboriosa, seria, sobria, tenace”.
E in quell’incontro nella immediata emergenza si posero le basi per ripartire. Non solo attraverso la erogazione di finanziamenti adeguati per assicurare ricostruzione e sviluppo, ma anche con la possibilità, mai sperimentata prima, di delegare ai sindaci – nominati funzionari delegati – la gestione in prima persona delle incombenze burocratiche così da semplificare non poco le pratiche e accelerare i tempi per la rinascita. E in appena dieci anni – lo ricordavo proprio in occasione della commemorazione di Antonio Comelli, nella mia Nimis – la riedificazione di quanto era stato distrutto, privato e pubblico, era per larga parte completato.

Ma Zamberletti sarà ricordato anche come “padre” della Protezione civile. Un servizio di prevenzione in caso di calamità naturali importanti, come appunto il terremoto, che non esisteva né in Friuli né tantomeno altrove, così come lo intendiamo oggi. Proprio qui infatti nacque dopo il sisma, appunto grazie alla felice intuizione del commissario straordinario, la Protezione civile che poi si è via via diffusa in tutt’Italia. “Oggi la Protezione civile non perde solo il suo fondatore ma anche un amico, un maestro, una guida. Questo è stato in questi anni per tutti noi e per i tanti volontari italiani”, ha detto il suo capo, Angelo Borrelli, ricordando con gratitudine Zamberletti. Il quale, eletto deputato nel 1968, fu a lungo parlamentare in rappresentanza della Democrazia Cristiana. Ma, forte dell’esperienza maturata proprio in Friuli, fu nominato commissario straordinario anche in occasione dei terremoti che colpirono l’Italia meridionale a cominciare da quello della Campania, nel 1980, divenendo un anno dopo ministro per il coordinamento della Protezione civile.

“La nostra regione – ha detto il governatore Fedrigasa apprezzare chi le fa del bene e non dimentica, tributando un saluto composto quanto sincero e riconoscente”. Io non ho avuto la possibilità, o meglio la fortuna, di conoscere Giuseppe Zamberletti personalmente, ma ricordo benissimo quella fredda giornata in cui per la prima volta arrivò a Nimis, accompagnato dal presidente Comelli e dal prefetto Spaziante – come testimoniano le fotografie scattate dal bravo Bruno Fabretti, oggi 95enne -, per prendere visione, ragguagliato dal sindaco Giovanni Mattiuzza, di come procedeva l’allestimento dei prefabbricati che sarebbero stati necessari per lasciare gli alloggi di fortuna e le roulotte inviate dalla massiccia solidarietà. Per cui credo di interpretare appieno i sentimenti della popolazione friulana, a cominciare ovviamente da quella che visse in prima persona l’esperienza del terremoto, se dico: “Grazie, onorevole Zamberletti!”.

Due momenti della visita a Nimis dell’onorevole Zamberletti.

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In copertina, Zamberletti con Comelli, Mattiuzza e Spaziante a Nimis nell’inverno dopo il sisma.

 

 

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