< N.d.R. nel ricordare la figura professionale e l’intellettuale la redazione si unisce al lutto della famiglia e dei colleghi;
Piero aveva all’attivo 48 anni di servizio e 3 anni alla guida di via Solferino, recentemente scriveva per il Giornale >
Addio a Piero Ostellino
giornalista liberale
Il giornalismo italiano ha perso una delle sue voci più limpide e autorevoli. All’età di 82 anni – era nato a Venezia, città che tanto amava, il 9 ottobre 1935 – si è spento Piero Ostellino che, all’apice delle sua carriera, diresse il Corriere della Sera, dandogli una chiara impronta politica, dettata dal suo spirito liberale e garantista convinto e che non ammetteva fraintendimenti. Ultimamente, con precisione dal 2015, collaborava con Il Giornale di Alessandro Sallusti, dove non faceva mancare i suoi arguti e pure polemici commenti sulla realtà politica e sociale che ci circonda: le sue riflessioni di certo mancheranno agli affezionati lettori del foglio che fu fondato da Indro Montanelli.
E proprio il quotidiano di via Solferino e quello che, appunto, per ultimo ha ospitato le sue acute riflessioni hanno dedicato grande spazio nei loro siti alla scomparsa dell’uomo di cultura. Giornalista e scrittore, “il suo punto di riferimento filosofico – scrive il Corriere – era la scuola illuminista scozzese, autori insigni come John Locke, Davide Hume, Adam Smith, di cui apprezzava la fede nell’individuo la consapevolezza profonda dell’imperfezione umana”. Si era laureato in scienze politiche all’Università di Torino, dove fu tra i fondatori del Centro di ricerca Luigi Einaudi. Al Corriere era approdato già nel 1967 e rapida fu la sua ascesa sulla scala delle responsabilità, divenendo corrispondente da Mosca e da Pechino. E proprio dopo la lunga esperienza all’estero assunse la direzione del più grande quotidiano del Paese, incarico che tenne dal 1984 al 1987, mantenendo poi per altri lunghi anni un rapporto di proficua collaborazione attraverso una seguitissima rubrica settimanale.
“Lo angustiava – annotano ancora gli ex colleghi del Corriere – soprattutto la permanenza di una logica dirigistica e corporativa, assistenzialista e autoritaria, che vedeva come piombo nelle ali dell’Italia. Prendeva di mira con assiduità anche gli eccessi del giustizialismo, le frequenti intromissioni in campo politico di certa magistratura: gli appariva un grave pericolo compromettere le garanzie processuali in nome di un’esigenza di moralizzazione della vita pubblica”. “Libertà e giustizia – aveva scritto Ostellino sul Giornale sallustiano nel 2016 – sono, nella società di massa, in conflitto. La libertà privilegia le differenze; la giustizia le nega. Le differenze favoriscono il progresso; l’uguaglianza privilegia la continuità”. Fortemente in polemica con la politica nostrana, aveva dichiarato – conclude il Giornale di Milano – che non votava più. “Tornerò a farlo – aveva detto in un’intervista a Luigi Mascheroni – solo quando verrà riformato questo Stato fortemente illiberale”. Un auspicio che, purtroppo, è rimasto tale.
G.L.